Senza titolo 139

A question of time. Sullo stato d’animo con cui affronto queste elezioni potrei glissare. In astratto una legge elettorale infame che toglie le preferenze e obbliga, nonostante la proporzionale, ad alleanze che definire spurie è ben poco (Fisichella -non il pilota, il postfascista- quella di Scienza e Vita, i transfughi del Polo, una politica per solo far carriera), in concreto il votare comunque per il meno lontano, da quando niente mi si identifica. Aver sperato un paio di anni di scrivere sulla scheda ‘Moretti Giovanni chiamato Nanni’, e goliardicamente non so, voterei i Non Voglio Che Clara o l’Ibrahimovic dell’anno scorso, Isabella Ferrari o una pastasciutta di mia madre. Zapatero, ecco, sì. La sinistra che va al governo da sola, senza gruppettari che non appartengono alla sua storia nè una lista comune coi democristi, che presumibilmente determineranno le linee guida dall’economia al sociale, dall’istruzione ai mass media. Un moderatismo che non solo mi è lontano anni luce, ma è anche la cosa di cui l’Italia ha meno bisogno. "Governo di tutte e di tutti": troppo semplice, Romano. Sai quanto io ti stimi e soprattutto quanto vorrei che ti imponessi, forte dei quattro milioni delle primarie, sui burocrati che pretendono di dire la loro. Ma questi ‘signori’ di Forza Italia, intesi come blocco sociale, la devono pagare, in termini di evasione fiscale e subcultura, metodi e perfino palinsesti. Via le fiction su Edda Mussolini, via i reality, via l’imbecillità a costo di sopportare Franca Ciampi first nonna per altri sette anni. Purtroppo non mi dico sicuro lo farete, anzi, tutt’altro.

E però. Stasera l’ometto ha toccato il fondo. L’acclamazione partenopea ‘duce, duce’, proveniente probabilmente dalle squadracce della Nipotina, è la goccia che deve far traboccare tutti i vasi. E’ una questione di tempo, cento ore e l’avremo estromesso dalla sedia, non certo (con la speranza di dire ‘non ancora’) dal profondo del Paese. Ha già vinto, ha detto morettigiovannichiamatonanni. Ma quelli che non capisco sono i suoi stessi alleati, che avrebbero dovuto e potuto smarcarsi, e per guadagnare voti di lista preziosi quanto mai altre volte, e forse pure per vincere: l’Italia non è una nazione di sinistra, bastava ai non-progressisti (perdonate la terminologia da 1994, ma mi è rimasta dentro assieme alle lacrime e al vedere Adornato che ecc.) far fuori il caimano, compattarsi e spartirsi le spoglie, per rimontare. Poco male, se ne stiano cinque anni al purgatorio, e acconsentano alla legislazione inevitabile che conseguirà sul fu padrone. Fosse per me, l’esilio. Uno che prima dice ‘non è vero che gli italiani stanno peggio’, poi si autosmentisce con cose tipo ‘sì, stanno peggio, ma per colpa dell’euro, dell’11 settembre, della pubalgia di Vieira, insomma uno così va messo alla porta, in senso reale, come coi piazzisti di ricambi per scope elettriche quando non servono. E all’Italia quel Folletto non è mai servito a niente, non ramazzando nè aspirando, ma producendo ancora più immondizia.

Veniamo a noi alle dinamiche interne all’Unione. Da quando non ho più una casa politica, o come preferisco definirmi ‘sono orfano (di una cosa che non c’è mai stata)’, il vagare mi ha sempre poi spinto sulle direttrici di una sinistra autentica, fortemente tematizzata sul territorio e sul sociale, vigorosamente antifascista e antiautoritaria, culturalmente elevata e intransigente, rigorosa e spontanea, il più possibile avversa alle segreterie dei partiti. Nel 2002 speravo cascasse la terra tutti giù per terra. Ma prima e dopo, gironzol(av)o fra Verdi, P(d)CI e l’affettuoso consenso a Occhetto alle europee’04. Avevo quindici anni ma ero già convintissimo con la svolta; solo che D’Alema & Co. hanno svoltato così tanto che si ritrovano in lista (non in semplice alleanza, in lista!) con De Mita. Eh no. Io volevo e voglio un partito, o una forza priva di gerarchie meglio, della sinistra italiana, da spingere con le primarie e tutto il resto.
D’altronde non avrei mai potuto stare con Rifondazione, i cui temi internazionalisti non sono propriamente i miei (ce ne sono di battaglie da affrontare qua, se si vuole, e non meno scottanti), i cui dirigenti hanno un passato che non è il mio -Bertinotti stesso non proviene dal PCI- e poi si sono resi protagonisti dell’atroce harakiri del 9.10.98 che mi vide sconsolato on the sofa un mezzogiorno che proprio non ci voleva, fra la Pivetti che allattava e il caimano che ricomprava uno dei suoi che faceva la spola tra le alleanze.
Di Pietro, poi, è monotematico, personalista, prono su certe posizioni degli sbirri e pure un po’ sbiadito; con lui ha piagnoni della risma di Franca Rame e Leoluca Orlando, che pure appoggiai ai miei begli anni, e la capa delle casalinghe. No, no.
Mi si dice, la Rosa nel pugno. Qualcuno non ci crederà, ma i socialisti (e segnatamente, per caso, in tempo di maggioritario, per due volte era scritto sulla scheda il nome del sen.Crema) li ho votati due volte… la prima nella Lista Dini, ove si mimetizzarono, allo scopo di farle raggiungere il 4% (obiettivo portato a termine, che mi valse le peggiori parolacce di reprimenda da parte dei capibastone diessini locali); la seconda, col Girasole nel 2001, essendo loro assieme ai Verdi e contando sull’elezione di uno stimato rappresentante clodiense. I radicali, invece, proprio no. Ho sempre trovato sguaiate e pazzoidi le loro prese di posizione, l’abuso referendario, e non ultimo il liberismo economico, l’odio per il sindacato, il propugnare la separazione delle carriere in magistratura. I miei motivi sono quelli di Jest: quella Cosa nel pugno che sollecita le simpatie di tant* bloggaz non avrà il mio consenso, nonostante il mio forte sentire laico e la primazia, anzi l’esclusiva da accordare ai servizi pubblici nell’istruzione e non solo. Non mi va che sia così monotematica su diritti di nicchia, battaglie settoriali e soprattutto di non primissima importanza, sullo sbandierare il povero Coscioni a gloria nazionale e a risorsa di tutti, che abbia fatto incetta di figurine estemporanee e che ancora la domini il gerontosauro Pannella. Per questo mi dispiace, per la prima volta da che lo conosco, con l’amico Sciltian, con il quale abbiamo condiviso percorsi paralleli (fin dalla candidatura a ‘leader della sinistra’ su Cuore, correva sempre il ’94) e col quale penso ci ritroveremo dopo questo bluff.
Quindi va a finire che anche stavolta crocerò un Sole Che Ride e il partito di Diliberto, che mi ha stregato nel suo rendez-vous col caimano all’inizio della campagna elettorale, denotando assonanza coi miei propositi, prevedibilità delle risposte che volevo sentirmi dire, grinta, notevole serietà e competenza. E soprattutto uno schierarsi, un dire dei sì e dei no. Per un animo poco compromissorio come il mio, nozze.
Al Senato non ho dadi da tirare, le due liste si presentano assieme. Alla Camera, valuto i candidati locali: ottimi quelli dei Verdi, col pensiero però a un probabile assessorato comunale (si parla di Luana Zanella alla cultura, e sarei molto contento) e la speranza di un posto al governo per Gianfranco Bettin, una delle poche teste pensanti di questa sciagurata regione. Non credo entrambe le formazioni siano meno laiche della RnP; di sicuro in economia sono più "di sinistra", ecco. Ma alla fine della fiera, Verdi e Comunisti Italiani si equivalgono: me lo dicono anche i vari, spassosi test online per verificare le compatibilità. A chi mi dice che è una posizione difensiva, poco coraggiosa, rispondo di sì: provatevi voi a essere sotto attacco di politiche economiche e sociali devastanti, berlusconiane come di Blair o Schroeder o Chirac; quando tentano l’assalto al poco che rimane, significa che sulla difensiva mi ci vogliono.
Ieri e oggi, fra Padova e Venezia ho notato un insolito assembramento, ai lati di qualche strada, di ombrelli rotti e inservibili all’uso. Qualche cittadin* poco coscienzios* ha pensato di non servirsi di bidoni e cassonetti, ma io ci ho voluto incrollabilmente vedere una metafa: quella discarica di parapioggia da buttare significa, forse e scongiurando, che la malora è davvero finita.

oppure , al Senato invece a colpo sicuro

…ma qualsiasi lista dell’UNIONE va bene… le riconoscete, sono tutte in fila in questa minchia di scheda elettorale balzana… raccomando di non scrivere alcun nome altrimenti è invalidata, è sufficiente apporre solamente una croce su UNO dei simboli…

Non è mai stato tanto importante come adesso. Orsù, senza esitazione ma forti, alla riscossa.

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